Archiviazione

Il Decreto di Archiviazione del Giudice Clementina Forleo

Archiviazione
Il luogo dell'omicidio. A terra Lorenzo Iannucci

N. 6989/97 R.G.P.M. N. 4958/98 R.G.G.I.P. Tribunale di Milano Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari

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DECRETO DI ARCHIVIAZIONE art. 409/1 c.p.p. – Il Giudice dr. Clementina Forleo, esaminata la richiesta di archiviazione formulata nell’ambito del procedimento a margine indicato relativo al duplice omicidio commesso in data 18.3.1978 ai danni di: TINELLI Fausto IANNUCCI Lorenzo Entrambi in atti generalizzati, letti gli atti

OSSERVA

Il fatto. La sera del 18.3.1978, sabato, alle ore 20.00 circa, TINELLI Fausto e IANNUCCI Lorenzo, entrambi di diciannove anni, venivano attinti mortalmente da colpi di arma da fuoco mentre transitavano a piedi per via Mancinelli in Milano. Uniche persone presenti al fatto e casualmente passanti sul luogo, BIFFI Marisa e le sue due figlie minori FRONTINI Alessandra e Cinzia. La BIFFI dichiarava agli inquirenti che, mentre svoltava in via Mancinelli proveniente da piazza San Materno, aveva visto sul marciapiede che percorreva, tre giovani di circa vent’anni, in piedi, e, poco distante, un ragazzo che si comprimeva lo stomaco e che si accasciava per terra. Aveva poi udito tre colpi ovattati e aveva contestualmente visto uno dei tre suddetti giovani come sparare in direzione di quel ragazzo con arma occultata dentro un sacchetto di plastica. Quindi aveva notato i tre suddetti giovani fuggire a piedi verso via Leoncavallo, notando successivamente, per terra, il corpo di un altro ragazzo. Premettendo di avere visto solo di sfuggita i giovani in questione, presumibilmente di circa vent’anni, la donna riusciva a descriverne solo due: uno alto circa m. 1,70, snello, con capelli castano scuri e indossante un impermeabile molto chiaro, l’altro simile al primo come corporatura, indossante un giubbotto color cammello. Sostanzialmente conformi le dichiarazioni rese dalle due FRONTINI, le quali tuttavia riferivano che almeno due dei giovani in questione indossavano un impermeabile di colore chiaro. Di tre giovani in fuga in via Mancinelli, subito dopo il fatto, riferiva inoltre anche un altro passante, DI FRANCESCO Natale, il quale confermava le generiche descrizioni della BIFFI e delle FRONTINI. Sul luogo del fatto non venivano rinvenuti bossoli né proiettili, due proiettili cal. 7,65 venivano rinvenuti tra gli indumenti dei due ragazzi. Veniva invece rinvenuto sul posto un berretto di lana di colore blu intriso di sangue, già da subito risultato non appartenere ai predetti. Verso le ore 20.10, nella vicina piazza Durante, venivano bloccati ed identificati, nei pressi di una cabina telefonica, quattro giovani che risulteranno poi del tutto estranei ai fatti. Mentre era in corso il controllo, si avvicinava agli operanti tale PALOMBA Angelo, il quale indicava agli stessi una pistola, risultata poi una Beretta cal. 9, abbandonata sul marciapiede posto di fronte alla cabina in questione. Due dei giovani controllati, LA GUARDIA Mario e ZARA Claudio, riferivano che poco prima, mentre telefonavano, avevano visto passare delle volanti e delle gazzelle dei carabinieri le quali, ad un certo punto, avevano incrociato una moto di grossa cilindrata diretta verso piazzale Loreto con a bordo uno o due giovani. Nel contempo avevano sentito un rumore metallico come di un oggetto che cadeva per terra, probabilmente gettato da coloro che si trovavano a bordo della motocicletta. Va al riguardo aggiunto che un anno dopo l’assassinio in questione, il quotidiano "La Sinistra", in un supplemento dedicato al caso, riportava la notizia di una nuova testimonianza, riferendo di una coppia che subito dopo le ore 20.00 di quello stesso giorno, in piazza Aspromonte, luogo vicino a via Mancinelli, aveva notato una sospetta motocicletta di grossa cilindrata. In particolare, uno dei due giovani che si trovavano a bordo della stessa, e precisamente il passeggero, a un certo punto sarebbe sceso e avrebbe tolto dalla targa una sorta di copertura legata alla stessa con un elastico, entrando poi in una vicina pizzeria. Gli inquirenti risalivano allora, attraverso le indicazioni fornite dai giornalisti di detto quotidiano, ai due testimoni in questione, identificati in OBERSON Pierre Manuel e MARGUTTI Magda, i quali confermavano il tutto precisando anche la marca del veicolo, una Kawasaki, aggiungendo l’OBERSON di avere memorizzato al momento la targa e di averla fornita, quantomeno in alcuni suoi numeri, al giornalista interessato, incontrato attraverso la mediazione di un comune amico. Detto giornalista veniva identificato in BELLONI Antonio che, dopo aver ammesso la circostanza in questione, produceva un biglietto manoscritto con annotato il tipo di motocicletta e la targa della stessa quale dettatagli dall’OBERSON. Trattavasi appunto di una Kawasaki di colore verde chiaro tg.MI-538738; intestatari della stessa risultavano, da accertamenti compiuti al PRA dal BELLONI, tali ANDREOLI Marco e RUSSO Gaetano. Gli accertamenti degli inquirenti portavano invece ad individuare gli intestatari di detto veicolo in RUSSO Gaetano fino al 16.3.1978 e in AUSILIO Antonio da tale data in poi; il RUSSO risultava pregiudicato per rapina e furti, l’AUSILIO, nato nel 1958, alto circa 1,70 e dai capelli castani, per reati vari e in particolare per tentato omicidio. Nessuna ulteriore indicazione consentiva di collegare la suddetta testimonianza la fatto in questione, e comunque non venivano svolte ulteriori indagini al riguardo.

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I primi accertamenti. Già nell’immediatezza del fatto venivano sentiti parenti, amici e conoscenti dei due ragazzi assassinati, risultando che gli stessi, molto amici, erano simpatizzanti dell’area di estrema sinistra e frequentatori del Centro Sociale Leoncavallo. Nessun particolare rilievo assumevano i movimenti, che venivano ricostruiti, dei due ragazzi il giorno del fatto. Emergeva infatti che lo IANNUCCI, detto tra gli amici "Iaio", dopo essere stato al Parco Lambro con degli amici (ROSSI Graziano, BIRAGHI Ezio, CONTARDI Marisa, VOLA Domenico), raggiunto poi da un altro amico, VALLESE Ivano, e dal TINELLI, alle ore 17.30 circa si era allontanato per incontrarsi in Piazza Duomo con una ragazza che frequentava da poco, HERNANDEZ Celina, conosciuta qualche giorno prima nel locale 2La Capannina", e con la quale era stato per negozi. Verso le 19.30 i due si erano congedati, dandosi appuntamento alle ore 21.15 in piazza Udine, in quanto lo IANNUCCI doveva, come quasi ogni sabato, andare a casa del TINELLI. I due giovani si erano infatti incontrati poco prima nella trattoria 2Crota Piemonteisa", consueto luogo di ritrovo del gruppo sito in via Leoncavallo di fronte al noto Centro Sociale, e si erano diretti verso casa del TINELLI. Quest’ultimo, da parte sua, aveva passato tutto il pomeriggio, dapprima, come si è accennato, al Parco Lambro, e poi nei locali della suddetta trattoria, in compagnia del CITATI e di altri amici dello stesso gruppo STEFANINI Luciano, MALAGATTI Patrizia, BLLETTINI Maurizio, PAOLINO Roberto, SANZINI Maria Rosa, ed altri. Tutti i soggetti sentiti riferivano che quel giorno i due ragazzi erano apparsi, come sempre, tranquilli; solo i loro congiunti, ed in particolare la madre del TINELLI, ANGELI Danila, il marito di questa BRUTI Giuseppe, e la sorella dello IANNUCCI, Maria, riferivano di aver notato i due, da qualche tempo, preoccupati e taciturni, avendo tuttavia messo in relazione tale fatto a circostanze della loro vita privata, quali la rottura del legame del primo con la sua fidanzata e l’imminente partenza del secondo per il servizio militare. Il BRUTI, tuttavia, riferiva di avere appreso dalla ragazza del Fausto, MARINDI Silvana, che lo stesso negli ultimi tempi aveva paura di passare da solo da piazza Udine. La MARINDI, che in un primo tempo assumeva un atteggiamento di chiusura, successivamente, al Giudice Istruttore, ammetteva tale circostanza, pur parlando di timori generici dei "fascisti" frequentatori dei bar di detta piazza; la ragazza riferiva inoltre che i timori del TINELLI si erano fatti concreti quando sullo stabile abitato dal predetto era comparsa la scritta "Il Casoretto si chiude con il piombo", scritta effettivamente riscontrata dagli inquirenti e che, a detta della ragazza, il TINELLI aveva riferito alla propria persona.

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L’arma e i proiettili utilizzati. La perizia disposta sui proiettili estratti dai corpi dei due giovani e sui proiettili rinvenuti nei loro indumenti portava alla conclusione che tutti, di cal. 7,65, erano stati esplosi dalla medesima arma, una pistola appunto cal. 7,65, e che con molta probabilità, trattavasi di arma piuttosto vecchia, del tipo Beretta mod. 34 con originaria canna cal. 9 o mod. 35. Quanto ai proiettili in questione, una prima perizia evidenziava trattarsi di proiettili di marca Winchester, mentre una seconda perizia, effettuata per comparare gli stessi con altri sequestrati nel corso dell’indagine e di altre parallele, parlerà di proiettili di marca Fiocchi. Il fatto che sul posto non fossero stati rinvenuti bossoli si spiegava, conformemente con quanto notato dai testi oculari, con il fatto che l’arma fosse avvolta in un sacchetto di plastica, e ciò evidentemente, proprio per evitare la dispersione dei bossoli. Tale pratica, come si dirò, risulterà alquanto diffusa negli ambienti della destra eversiva romana, pure avvezzi all’utilizzo di armi vecchie del tipo indicato, oltre che di capi di abbigliamento, impermeabili chiari, analoghi a quelli indossati dagli autori del delitto. Va subito detto che tutte le perizie comparative effettuate tra i proiettili in questione e le armi sequestrate nell’ambito dell’indagine e di altre alla stessa parallele e collegate, daranno esito negativo. Solo la perizia comparativa tra i proiettili utilizzati nella circostanza e quelli, come si vedrà, sequestrati nell’abitazione cremonese di Mario SPOTTI, darà esito positivo. In particolare detta perizia accerterà la provenienza di taluni dei proiettili esplosi dagli stessi lotti di taluni dei proiettili rinvenuti nella disponibilità dello SPOTTI. Esito, questo, relativamente significativo, atteso l’elevatissimo numero, dell’ordine di centinaia di migliaia di proiettili provenienti da un medesimo lotto di produzione.

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Le rivendicazioni. Il 20.3.1978 alla locale sede dell’agenzia ANSA giungeva una telefonata con cui un anonimo interlocutore dettava un comunicato :"Sergio RAMELLI piangeva vendetta, ieri è stato vendicato. Giustiziere d’Italia. Gruppo Armato Sergio RAMELLI". Tale comunicazione risultava essere stata effettuata da una cabina pubblica sita in piazza Oberdan. Il 23.3.1978 un altro comunicato perveniva alla sede romana di detta agenzia, in tal caso l’anonimo interlocutore dettava: 2Mentre si celebrano i funerali, i Gruppi Nazionali Rivoluzionari rivendicano l’uccisione dei due giovani di Lotta Continua avvenuta per vendicare l’uccisione dei nostri camerati. Gruppi Nazionali Rivoluzionari". Il 23.3.1978, verso le ore 21.30, a seguito di una telefonata anonima pervenuta ad un privato in Roma, da una cabina telefonica sita in via Leone IV di detta città, veniva rinvenuto, in triplice coppia, un volantino dattiloscritto dal seguente contenuto: "Sabato 18 marzo una nostra brigata armata di Milano ha giustiziato i servi del sistema TINELLI Fausto e IANNUCCI Lorenzo. Con questo gesto vogliamo vendicare la morte di tutti i camerati assassinati dagli esponenti della reazione e della sovversione. Noi non crediamo nella lotta comunista contro lo Stato, poiché, avendo tutte le forze di sinistra la stessa finalità del sistema, esse sono solamente i servi di questo regime. E’ quindi per questa ragione che l’unica forza veramente rivoluzionaria è rappresentata dall’estrema destra. Sappiano i sovversivi che non riusciranno ad eliminarci: da questo momento cominceremo ad agire e nulla potrà fermarci; siamo stanchi di piangere i nostri camerati. FALVELLA, RAMELLI, ZICCHIERI, MANTAKAS, AVATTA, BIGONZETTI, RECCHIONI marciano nelle nostre file e gridano vendetta. Viva la rivoluzione fascista. Morte al Sistema e ai suoi servi. Onore ai camerati assassinati dal fronte rosso e dalla reazione. Esercito Nazionale Rivoluzionario – Brigata Combattente Franco ANSELMI". Va al riguardo detto che analoga rivendicazione seguiva all’attentato, compiuto con dell’esplosivo in data 29.5.1978 alla sezione del PCI sita in via Trogo a Roma, in zona Balduina, sul quale le relative indagini non hanno sortito alcun esito. Il 25.3.1978, al Commissariato di P.S. 2Porta Genova" di Milano giungeva via posta un foglio sul quale, attraverso lettere ricavate da articoli di stampa, era scritto "Abbiamo giustiziato TINELLI e IANNUCCI – Gruppo Prima Linea Destra Nazionale". In ordine a tali rivendicazioni ed alla possibile causale ultima del fatto, va rilevato che nello stesso periodo, tre anni prima, esattamente il 14.3.1975, Sergio RAMELLI, giovane simpatizzante della destra eversiva, veniva colpito mortalmente per motivi, come poi accertato, politici. Inoltre, quanto in particolare alla rivendicazione del 23.3.1975, che come si dirà assumerà una significativa portata per la pista di indagine più accreditata, va rilevato che Franco ANSELMI, elemento di spicco dell’area FUAN-NAR di Roma, era stato ucciso pochi giorni prima, esattamente il 6.3.1978, durante una rapina all’Armeria Centofanti di quella città, commessa insieme ai fratelli Valerio e Cristiano FIORAVANTI ed altri. Va infine aggiunto che le perizie di comparazione effettuate sulla rivendicazione in questione, l’unica ad essere dattiloscritta, e le macchine da scrivere sequestrate nel corso dell’indagine e di indagini parallele, davano esito negativo.

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Le indagini. La pista dello spaccio di stupefacenti Subito dopo il fatto, nelle tasche di un indumento dello IANNUCCI veniva rinvenuto un tovagliolo di carta con manoscritti dei numeri telefonici e , in corrispondenza, i nomi "Mario" e "Mario RIGAMONTI", si procedeva pertanto ad individuare tale soggetto, il quale risultava frequentatore del citato locale "La Capannina". Il RIGAMONTI spiegava di aver fornito lui stesso allo IANNUCCI le utenze su cui poter essere rintracciato. Al riguardo spiegava di aver conosciuto lo IANNUCCI circa venti giorni prima del fatto nel locale "La Capannina", detto anche in gergo "Il Caramellone", e di averlo poi rivisto anche nel locale "Macondo", sito nella stessa piazza Udine. Il predetto, amico della citata HERNANDEZ Celina, riferiva che lo IANNUCCI stava collaborando nella stesura di un "libro bianco sull’eroina" e che, secondo lui, l’omicidio poteva ricollegarsi a detto impegno, anche per l’assidua presenza, in detti locali, di spacciatori di eroina. Sul punto precisava di aver visto lo IANNUCCI, qualche giorno prima, avere una discussione con un giovane di circa trent’anni, descritto come alto, biondo, stempiato e dagli occhi chiarissimi, all’interno del locale "La Capannina". In particolare aveva sentito tale giovane tirare in disparte lo IANNUCCI e dirgli tra l’altro con tono minaccioso "Stai attento" e "Ne riparleremo". Di tale giovane il RIGAMONTI, sentito successivamente, forniva solo il nome, "Franjo", precisando al riguardo di non sapere nulla di lui e di aver saputo tale nome da una sua amica, tale "Silvia", la quale aveva aggiunto trattarsi di uno straniero, tedesco o forse slavo. Tale filone d’indagine rimaneva infruttuoso, sia per il reticente o comunque non produttivo atteggiamento dei frequentatori e dei gestori di detti locali, sia perché gli amici e i conoscenti dello IANNUCCI, nonché i parenti dello stesso, ed in particolare sua sorella Maria, riferivano di non sapere nulla della collaborazione del predetto alla stesura di detto "libri bianco", escludendo che il ragazzo potesse avere avuto problemi con spacciatori di droghe, facendo peraltro lo stesso solo uso sporadico di hashish. D’altra parte anche personaggi che risulteranno coinvolti nella pubblicazione di tale lavoro, come Andrea BELLINI, negheranno ogni partecipazione nello stesso dei due ragazzi uccisi. Sempre nell’ambito di possibili moventi legati allo spaccio della droga, andava ad inserirsi l’altra pista d’indagine, scaturita dalle dichiarazioni rese agli inquirenti dall’Avvocato Roberto CAPPELLARO, il quale dopo circa un mese dal fatto, asseriva di aver ricevuto dal parroco della vicina Chiesa S.Maria Bianca, don PEREGO, delle confidenze in ordine agli autori del duplice omicidio. Il particolare il CAPPELLARO riferiva che, la sera del venerdì di Pasqua del 1978, aveva ricevuto la visita del PEREGO il quale gli aveva riferito di avere appreso da due donne, una delle quali indicata come "la ragazza di uno dei due" e l’altra come "una madre di famiglia" titolare di una pizzeria in viale Argonne che il mandante dell’omicidio era da individuarsi in GRANCHELLI Carlo, spacciatore di droghe e fornitore dei due ragazzi, con il quale gli stessi avevano avuto dei contrasti inerenti il mancato pagamento di alcune forniture. Il parroco in questione, convocato dagli inquirenti, pur dopo alcune reticenze, ammetteva il colloquio avuto con l’Avv. CAPPELLARO, precisando tuttavia che le notizie in questione le aveva apprese da due distinte telefonate anonime fattegli da due donne, una dalla voce giovane che si era presentata come "la ragazza di Iaio", l'altra come appartenente a donna di mezza età che si era detta madre di sei figli e titolare di una pizzeria sita in viale Argonne. Quest’ultima aveva precisato che il GRANCHELLI, dopo il fatto, aggirandosi in un locale pubblico sito in viale Argonne, si era vantato del fatto affermando che così "quei due finalmente non avrebbero parlato più". Attraverso le indicazioni fornite in ordine alle identità delle due donne, si risaliva alle due possibili fonti della notizia, cioè a TEDESCHI Paola, fidanzata dello IANNUCCI, e a PETRUZZELLIS Clementina, titolare della pizzeria "Oceania", sita in via Briosi 10, nella zona appunto di viale Argonne. Entrambe escludevano categoricamente di aver colloquiato in qualunque modo con don PEREGO così come escludevano di poter fornire notizie utili alle indagini. In ogni caso gli inquirenti procedevano ad individuare il citato GRANCHELLI, nato a Milano il 13.2.1925, il quale sembrerebbe privo di omonimi, risultava persona dalla vita ritirata anche se con qualche precedente penale. I servizi di osservazione svolti a carico del predetto davano esito negativo in quanto, come sei legge nella relazione al riguardo redatta, lo stesso non veniva mai notato uscire di casa. b. La pista dello squadrismo locale b1) OSS PINTER Gianluca Data l’appartenenza dei due ragazzi uccisi all’area di estrema sinistra facente capo al Centro Sociale Leoncavallo, venivano disposte perquisizioni a tappeto di ambienti dell’estrema destra e nelle abitazioni dei suoi più significativi esponenti. Detti atti, così come le audizioni di detti soggetti e di persone comunque vicine a tali ambienti, davano esito negativo. Emergeva tuttavia che, esattamente una settimana prima del fatto, tale OSS PINTER Gianluca, giovane di destra conosciuto anche come spacciatore di eroina, mentre si trovava al Parco Lambro in compagnia di tre suoi amici, DAMATO Michele, FOLCHINI Marina e MAGHINI Monica, era stato aggredito, unitamente al DAMATO d circa venti-trenta giovani con il volto coperto da fazzoletti rossi. Detti giovani, muniti di chiavi inglesi ed altri oggetti non precisati, avevano colpito i due e soprattutto l’OSS PINTER, provocandogli delle lesioni anche al capo. Sia i due aggrediti che la FLCHINI avevano dichiarato agli inquirenti di non aver riconosciuto nessuno degli aggressori di non conoscere il movente del fatto, pur riferendo concordemente di aver sentito qualcuno dei ragazzi accusare l’OSS PINTER di essere un fascista e uno spacciatore di droga. Tuttavia i due lettighieri dell’ambulanza intervenuta sul posto, PASINI Franco e BOZZONI Fabio, riferivano che durante il trasporto dei due in ospedale, l’OSS PINTER aveva rassicurato il DAMATO dicendogli di non preoccuparsi perché aveva riconosciuto alcuni degli aggressori. Circostanza, quest’ultima, negata sia dall’OSS PINTER che dal DAMATO. E’ importante comunque sottolineare che nei giorni immediatamente successivi al fatto, l’OSS PINTER, il quale come si è detto aveva riportato delle lesioni anche al capo, era stato notato nell’ambiente, come da dichiarazioni rese da GIULIANI Chiara, con in testa un berretto di lana di colore blu simile a quello che, come si è detto, era stato rinvenuto sul luogo del fatto. In ordine a tale aggressione va rilevato che, subito dopo l’omicidio in questione, la ragazza dello IANNUCCI, TEDESCHI Paola, riferiva agli inquirenti di aver appreso da una compagna di studi del TINELLI, la citata GIULIANI, che lo stesso aveva partecipato alla "sprangata" in questione. La GIULIANI, sentita sul punto, negava la circostanza, anche se affermava che il TINELLI le aveva parlato di tale aggressione, aggiungendo che l'’OSS PINTER era persona poco raccomandabile e consigliandole pertanto di non frequentarlo. La presenza del TINELLI sul posto dell’aggressione in questione veniva pure riferita da BRUTI Giuseppe, marito della madre del predetto, il quale diceva di avere appreso la circostanza dalla sorella dello IANNUCCI. Si sarebbe trattato tuttavia di una presenza del tutto casuale e probabilmente di poco successiva ai fatti. La IANNUCCI, sentita sul punto, non confermava la circostanza. Anche lo IANNUCCI sarebbe stato presente al momento della "sprangata" in questione, o meglio, subito dopo, come riferirà al giudice istruttore VERRI Aldo, amico intimo del predetto. Tali circostanze inducevano gli inquirenti a mettersi alla ricerca dell’OSS PINTER, il quale tuttavia si rendeva irreperibile. Oltre alle perquisizioni, tutte ad esito negativo, presso le abitazioni dello stesso e di persone allo stesso vicine, si disponevano operazioni di intercettazione telefonica sull’utenza in uso a RACCO Anna Maria, amica del predetto. Su tale utenza, il 31.3.1978, perveniva una significativa telefonata con cui un giovane, poi identificato nell’OSS PINTER, intimava all’interlocutrice di "portare via tutto in pochi minuti". La perquisizione, subito effettuata presso detta abitazione, dava esito negativo, mentre la RACCO, vista poco prima uscire dall’addetta alla portineria, negava di avere ricevuto tale telefonata. Successivamente la sua amica e coabitante PROCOPIO Anna, riferiva agli inquirenti di essere stata lei l’interlocutrice dell’OSS PINTER, il quale, avendo saputo delle perquisizioni in questione, le aveva intimato di portare via l’hashish custodito presso detta abitazione, cosa che lei aveva di seguito fatto, consegnando il tutto al predetto, incontrato in un vicino bar. La RACCO, da parte sua, ammetteva che subito dopo l’omicidio in questione aveva dato ospitalità all’OSS PINTER, il quale temeva che tale fatto potesse essere messo in relazione all’aggressione subita una settimana prima. Rintracciato, l’OSS PINTER confermava le versioni delle due donne, dichiarandosi estraneo all’omicidio e fornendo al riguardo un alibi, in particolare asserendo di aver trascorso l’intero pomeriggio del 18.3.1978 in compagnia dei suoi amici MAZZEO Gianni e MAGHINI Monica e di aver appreso la notizia del fatto alle ore 21.30 circa di quella stessa sera, mentre si trovava insieme agli stessi, da DAMATO Michele. Va al riguardo rilevato che quanto dichiarato dall’OSS PINTER veniva confermato dal MAZZEO, ma solo parzialmente trovava conferma nelle dichiarazioni della MAGHINI, la quale affermava di essersi incontrata con i predetti dopo che, intorno alle 19.30, aveva accompagnato a casa una sua amica, FOLCHINI Marisa. L’OSS PINTER ammetteva poi di essersi reso irreperibile, rifugiandosi a casa della RACCO, in quanto aveva timore che, appunto per l’aggressione subita e per essere conosciuto come simpatizzante dell’estrema destra, potesse essere ricercato per tale fatto. Ribadiva di non aver riconosciuto alcuno dei suoi aggressori e di non avere sospettato dei due ragazzi uccisi, che pure conosceva, giungendo a negare di avere simpatie per la destra oltre che essere uno spacciatore. Va sul punto evidenziato come il berretto di lana trovato sul posto del fatto intriso di sangue e del tutto analogo a quello notato addosso all’OSS PINTER nei giorni precedenti, non verrà mai sottoposto ad alcun accertamento, risultando anzi, ad un certo punto dell’indagine, non più presente tra i reperti della stessa. Nel 1988, infatti, a seguito di apposita richiesta del giudice istruttore, il responsabile dell’Ufficio Corpi di Reato dichiarava che il berretto in questione non era stato più rinvenuto e che con ogni probabilità era stato eliminato per "motivi di igiene" a seguito di alluvioni che avevano colpito il luogo in cui lo stesso era custodito. B2) I fratelli BORTOLUZZI e MINGOLLA Antonio Sempre nell’ambito della pista relativa agli ambienti dell’estrema destra locale, le indagini si accentravano ad un certo punto su MINGOLLA Antonio a i fratelli BORTOLUZZI, gravitanti intorno all’area politica in questione. In particolare, il 21.3.1978, il MINGOLLA e il BORTOLUZZI Mario rimanevano coinvolti in un incidente stradale mentre si trovavano a bordo della motocicletta del primo. Gli operanti intervenuti rinvenivano nella disponibilità del MINGOLLA una pistola Smith & Wesson cal. 44 Magnum, mentre nell’abitazione dei fratelli BORTOLUZZI, Mario e Giuseppe, venivano trovate due pistole Beretta, una cal. 6,35 e l’altra cal. 7,65, quest’ultima non efficiente, oltre a munizioni per pistola cal. 44. Intanto, nel bar "Il Pirata", ubicato in via Pordenone e frequentato dai tre, veniva sequestrato un impermeabile chiaro che la titolare, MAZZOCCHI Natalina, riferiva essere stato lasciato nel locale la domenica o il lunedì precedente, e comunque sicuramente dopo l’uccisione dei due ragazzi. Tale impermeabile veniva riconosciuto da BORTOLUZZI Giuseppe come appartenente a suo fratello Mario. Su tale indumento veniva effettuata perizia chimica per l’accertamento di eventuale presenza di polvere da sparo, che dava tuttavia esito negativo. Importante rilevare che nel corso dell’intercettazione dell’utenza in uso a tale bar, il 24.3.1978, interveniva una conversazione in cui un dipendente dello stesso, GALLO Giuseppe, informava BORTOLUZZI Mario, chiamante dal carcere "Beccaria", del sequestro dell’impermeabile in questione, ricevendo poi dal predetto l’incarico di contattare "Gigi Cris", il quale sarà poi identificato in BRUSAFERRI Luigi, noto esponente della destra locale. Nell’abitazione dei BORTOLUZZI venivano inoltre rinvenuti tre giubbotti color nocciola. Mentre BORTOLUZZI Mario si avvaleva della facoltà di non rispondere, il MINGOLLA ed il BORTOLUZZI Giuseppe negavano ogni addebito, anche in relazione alle armi sequestrate. Ma mentre il primo dichiarava di non conoscere l’OSS PINTER, il secondo affermava il contrario, aggiungendo di averlo incontrato nel bar "Il Pirata", posto frequentato anche dal MINGOLLA, dopo l’aggressione subita e con la testa rasata. L’OSS PINTER, da parte sua, negava di conoscere sia il MINGOLLA che i fratelli BORTOLUZZI. Circa i movimenti dei tre il giorno del fatto, il MINGOLLA dichiarava dapprima di non ricordare dove fosse stato, riferendo successivamente di aver trascorso l’intero pomeriggio a controllare i conti della settimana presso la biglietteria dell’Air Terminal gestita dalla madre. BORTOLUZZI Giuseppe dichiarava di essersi recato con il fratello Mario alle 19.00-19.30 presso la pizzeria "Da Aldo" sita in via Tolmezzo. Anche tale alibi non veniva verificato. Va aggiunto che, successivamente, BORTOLUZZI Mario ammetterà la paternità dell’impermeabile rinvenuto nel bar "Il Pirata", pur escludendo ogni rapporto dello stesso con il fatto in questione, ed affermando di aver telefonato al GALLO per farlo sparire temendo di venire perciò coinvolto nelle indagini, avendo appreso che gli autori del fatto indossavano un capo analogo. Quanto al riferimento a "Gigi Cris" contenuto nella conversazione intercettata, il BORTOLUZZI lo riferiva alla prospettiva di avere lo stesso difensore del suddetto. c) La pista della destra eversiva romana. I gruppi FUAN-NAR Il 25.7.1979 personale della Questura di Roma procedeva al fermo di P.G. del giovane estremista di destra CORSI Mario, in quanto accusato, in concorso con un altro giovane rimasto ignoto, di un episodio di violenza politica avvenuto quattro giorni prima, e cioè il 21.7.1979. Nel corso della perquisizione presso l’abitazione del predetto venivano rinvenute e sequestrate due fotografie, una ritraente i volti del TINELLI e dello IANNUCCI, l’altra raffigurante un momento dei loro funerali. Inoltre veniva rinvenuta una lettera datata 9.8.1978 indirizzata allo stesso CORSI e proveniente da SPOTTI Mario, anch’egli giovane estremista di destra, abitante a Cremona. Questo il testo della lettera in questione: "Caro camerata, con la ripresa delle lezioni universitarie potrò compiere ciò che tu e Guido cercate di fare lì a Roma. Ho trovato un appoggio, una ragazza orientata a sinistra e che ovviamente non è al corrente della mia vera fede politica. Vedremo con pazienza nel futuro. Penso che tu sia stato in Sicilia al campo sud. Mi auguro che tu possa tornare in settembre a Cremona, ricordati anche delle 10.000 che ti prestai. Salutissimi da Francesco e da tutti i camerati che ti conoscono. Mi ricordo spesso del povero e carissimo Franco quando guardo mia "sorella", ma è meglio non pensarci! Spero di vederti presto. A noi!!!". Sempre con riguardo alle perquisizioni operate in casa CORSI, ed in particolare a quella effettuata il 23.10.1979, va rilevato che nel corso delle intercettazioni telefoniche sull’utenza relativa all’abitazione del predetto, in detta data veniva registrata una conversazione tra la madre del predetto ed una sua amica. Nel corso di tale conversazione, la prima, facendo chiaro riferimento alla perquisizione subita nello stesso giorno, riferiva senza mezzi termini che gli operanti, definiti come "veramente padri di famiglia", erano stati "tanto gentili" al punto da strappare sia dei manifesti appesi ai muri, sia delle lettere appartenenti al figlio, giungendo anche a non sequestrare e a consegnarle altro materiale ("mi hanno strappato tutto sul muro … tutte quelle porcherie, le lettere, proprio tutto mi hanno strappato, dei ragazzi, no? … si, dice, signora, butti via tutto … proprio loro mi hanno buttato via tutto … tutto mi hanno fatto buttare … sono veramente padri di famiglia … io andrò a trovarlo per fargli vedere quello che mi hanno lasciato qua, se la fa sotto Mario …") Forse inutile aggiungere che le indagini sul punto non sortivano alcun esito, respingendo gli operanti, appartenenti alla Digos di Roma, ogni accusa. Ora, tornando ai rinvenimenti della prima perquisizione, va evidenziato come gli stessi assumevano subito una particolare importanza per le indagini, atteso che il CORSI risultava essere stato ideologicamente e personalmente legato a Franco ANSELMI, ossia all’estremista di destra menzionato, come si è visto, in una delle rivendicazioni del duplice omicidio in questione. L’ANSELMI, al quale lo SPOTTI fa evidente riferimento in tale lettera parlando del "povero e carissimo Franco", elemento di spicco dell’area FUAN-NAR di Roma, era stato ucciso, si ripete, il 6.3.1978 durante una rapina all’Armeria Centofanti di quella città, nel corso della quale vennero sottratte varie armi (tra cui una cal. 7,65 non meglio precisata). Tale episodio era subito divenuto un simbolo per i "camerati" dei vari quartieri, come poi dirà, e in particolare del quartiere Monteverde, capeggiato dai fratelli FIORAVANTI, dell’EUR, capeggiato da Massimo CARMINATI ed i fratelli BRACCI, del quartiere Prati capeggiato proprio da Mario CORSI oltre che da PEDRETTI e ARONICA, D’altra parte, tornando alla lettera dello SPOTTI, non poteva non risaltare come utile alle indagini in questione il riferimento, accanto al "povero e carissimo Franco", alla "sorella", termine tra l’altro riportato tra virgolette, con cui nel gergo di tali ambienti venivano indicate appunto le armi corte. Venivano dunque attivate indagini in Cremona, città appunto dello SPOTTI, e in cui il CORSI, dato il riportato tenore della lettera in questione, doveva essersi recato precedentemente alla stessa. Si accertava così che lo SPOTTI aveva avuto stretti legami non solo con il CORSI, da lui definito come "squadrista di prim’ordine", ma anche con altri elementi della destra romana, tra cui Guido ZAPPAVIGNA, all’epoca in servizio militare proprio a Cremona (al riguardo va rilevato come in detta lettera si parli anche di "Guido") e, appunto, Franco ANSELMI. Convocato dallo SPOTTI ammetteva la paternità di tale missiva, come ammetteva il riferimento nella stessa ad una pistola, precisando trattarsi di una cal. 7,65 di fabbricazione turca che aveva acquistato proprio dall’ANSELMI nel gennaio precedente, unitamente a delle munizioni, a causa di minacce ricevute da non precisati avversari politici, e di cui poi si era disfatto gettandola nel Po. Riguardo alle trasferte del CORSI a Cremona, lo SPOTTI riferiva che lo stesso, nel marzo del ’78, subito dopo il sequestro MORO, era passato da Cremona, proveniente da Milano, unitamente ad altri due giovani romani, che al loro incontro, avvenuto presso la stazione ferroviaria, aveva presenziato anche Cesare CAVAZZI, esponente del locale MSI. Dichiarava di "non ricordare" se nella circostanza si fosse parlato del duplice omicidio in questione. Nell’abitazione dello SPOTTI venivano rinvenute, oltre a lettere provenienti dal CORSI ed attestanti il legame tra i due, delle munizioni anche cal. 7,65, oltre ad agende-diari dell’anno in corso e degli anni precedenti, contenenti indirizzi ed annotazioni giornaliere. Non veniva invece rinvenuta proprio l’agenda del 1978. La perizia effettuata su dette munizioni e sul raffronto delle stesse con quelle utilizzate nel delitto in questione, come si è accennato, concludeva nel senso dell’appartenenza delle stesse a comuni lotti di fabbricazione. Nel corso delle deposizioni successive, SPOTTI precisava che il CORSI si era recato a Cremona frequentemente perché aveva dei parenti e, soprattutto, perché in collegamento con il MSI locale ed in particolare con CAVAZZI con cui aveva rapporti privilegiati, nonché con ARNOLDI, RATTI, DI FELICE, PROTTI. Aggiungeva, anche ad interpretazione della lettera inviata al CORSI, che lo stesso era interessato sia ad un’opera di infiltrazione negli ambienti dell’estrema sinistra, sia a procurarsi dell’esplosivo e che perciò era in contatto con lui. Circa i rapporti del CORSI con Milano, riferiva che lo stesso gli aveva parlato, anche precedentemente all’incontro in questione, di contatti con la sede milanese del MSI di via Mancini. A Roma, invece, il CORSI frequentava, unitamente allo ZAPPAVIGNA, la sede del FUAN di via Siena. Le indagini si appuntavano allora sui collegamenti del CORSI con gli ambienti cremonesi e milanesi, sia con altri esponenti dell’estrema destra romana, oltre che, evidentemente, sulla sua trasferta milanese che, secondo lo SPOTTI, sarebbe avvenuta proprio nel marzo ’78 subito dopo il sequestro MORO, e dunque in concomitanza con il delitto in questione. Intanto veniva accertato che effettivamente il CORSI aveva a Cremona dei parenti. Individuati, uno di essi, la zia BERTONI Lina, riferiva che proprio nella primavera del 1978 il predetto era passato da casa sua con tre suoi amici romani, chiedendole di pernottare a casa sua, ma lei aveva rifiutato perché non poteva ospitare tutti e quattro. Sentito, il CORSI negava di essersi recato a Cremona nel periodo in questione, collocando l’incontro con SPOTTI alla stazione ferroviaria di detta città nel luglio di quell’anno, riferendo che nella circostanza si trovava di ritorno da Milano unitamente a Brunello TORTORA e Innocenzo ODESCALCHI. In un primo momento giungeva addirittura a dichiarare di essere stato a Cremona, in tutto, solo due volte. Una prima volta si era recato con sua madre, in occasione della morte del nonno; in tale circostanza, facendo un giro per la città, era entrato nella sede del MSI conoscendo e facendo amicizia con dei "camerati" tra cui lo SPOTTI, il CAVAZZI ed un tedesco di nome Jennar SPOHR; da qui i suoi contatti con lo SPOTTI. La seconda volta, appunto, nell’estate del ’78, si era recato, di ritorno da Milano con il TORTORA e l’ODESCALCHI. In particolare riferiva che, avendo allacciato contatti con gli ambienti delle "Comunità Organiche di Popolo" di cui faceva parte il TORTORA, aveva seguito quest’ultimo in una trasferta che aveva toccato, oltre a Milano, Firenze e Bologna. Al ritorno, su suo stesso suggerimento, si erano fermati a Cremona per contattare anche quell’ambiente; era stato così che era avvenuto l’incontro, peraltro fugace, con lo SPOTTI, alla presenza anche del TORTORA. Successivamente ammetteva frequenti trasferte a Cremona ma confermava quanto già detto in ordine alla puntata a Milano, riferendo che in detta città c’era stato solo un paio di volte, per di più per assistere a partite di calcio. Quanto alle foto rinvenute presso la sua abitazione, affermava trattarsi di foto che, insieme a tante altre dal contenuto più svariato, aveva preso dall’archivio di un suo zio, Sergio GRECO, giornalista, il quale le aveva a sua volta ricevute dall’Ansa per motivi di lavoro. Tale circostanza veniva confermata dal Greco, il quale precisava di avere fatto una convenzione con l’Ansa per la fornitura di fotografie relative ad avvenimenti di interesse, e ciò per l’eventuale pubblicazione delle stesse sul giornale per il quale lavorava, "Il Sole D’Italia", settimanale in lingua italiana pubblicato in Belgio. Sempre in ordine alla trasferta milanese del CORSI, secondo lo SPOTTI avvenuta nel marzo ’78 e dal CORSI invece collocata nel luglio di quell’anno, venivano sentiti il TORTORA e l’ODESCALCHI, menzionati appunto dal CORSI e dai suoi compagni di viaggio. Il TORTORA, anch’egli elemento dell’estrema destra romana ed esponente del gruppo "Comunità Organiche di Popolo", confermava la circostanza come delineata dal CORSI, collocando appunto l’episodio nell’estate di quell’anno, ma escludendo la presenza dell’ODESCALCHI, pure poi esclusa da quest’ultimo. In particolare il TORTORA riferiva di essersi recato a Milano più volte, a partire proprio da quell’estate, essendo in detto periodo nata una relazione sentimentale con Chicca DOSSOLA, durata fino al febbraio dell’anno successivo. A Milano, attraverso la ragazza, la quale lavorava a "Radio University", facente capo al Sen. SERVELLO, era entrato in contatto con la federazione del MSI di via Mancini, essendo anche ospitato da Massimiliano SANDRE. Circa la trasferta in questione, riferiva di essersi recato a Milano con il CORSI e probabilmente con tale Paolo SIDONI, detto "Pecora" per assistere ad una partita di calcio. Nell’occasione si erano anche recati presso la sede di detta federazione. Al ritorno, su proposta del CORSI, si erano fermati a Cremona dove si erano diretti verso la federazione del MSI di quella città, e dove il CORSI conosceva vari militanti. Il TORTORA dichiarava di non ricordare, invece, che il predetto, in sua presenza, si era incontrato con qualcuno alla stazione. Il TORTORA negava comunque di avere fatto da tramite tra la destra romana e la destra milanese, ricollegando le sue trasferte a Milano a motivi soprattutto sentimentali. Riferiva invece di avere saputo che elementi dell’estrema destra romana, quali Dario PEDRETTI, lo stesso CORSI E Marco DI VITTORIO erano in collegamento con And5ea CALVI, esponente dell’estrema destra milanese, ed il suo gruppo. Venivano poi sentiti dagli inquirenti la DOSSOLA e il SANDRE, i quali sostanzialmente confermavano la versione del TORTORA. La DOSSOLA, tuttavia, non precisava il periodo della sua relazione con il predetto e dichiarava che lo stesso frequentava gli ambienti di via Mancini con una certa intensità insieme ad altre persone della destra romana che non era in grado di indicare. Veniva anche sentito Cesare CAVAZZI, il quale riferiva di avere conosciuto il CORSI in occasione del trasloco della sede cremonese del MSI, avvenuto nel giugno 1979. Negava quindi l’incontro riferito dallo SPOTTI.A tal riguardo va evidenziato come anche nella disponibilità del CAVAZZI, come dello SPOTTI, venivano rinvenute agende-diari degli anni in questione, ad esclusione proprio di quella relativa al 1978. Seguivano poi le audizioni dello ZAPPAVIGNA, del CALVI, del PEDRETTI e del DI VITTORIO, che non apportavano alcun positivo elemento, giungendo il CALVI a negare ogni rapporto con la destra romana come ogni rapporto, anche di conoscenza, con gli elementi della destra milanese coinvolti nell’indagine in questione, ed in particolare con l’OSS PINTER, con il MINGOLLA, con i fratelli BORTOLUZZI e con il BRUSAFERRI. Pure i paralleli accertamenti di polizia concludevano negativamente in ordine a collegamenti diretti tra CORSI, SPOTTI, ZAPPAVIGNA ed elementi della destra milanese. Va da ultimo rilevato che lo SPOTTI, il quale si suiciderà nel 1985, nel corso di quest’ultima deposizione giungeva a dichiarare di non essere certo della riferita collocazione temporale della trasferta milanese del CORSI. Ora, a carico del CORSI e della destra romana, ed in particolare anche di alcuni suoi esponenti quali Massimo CARMINATI e Claudio BRACCI, sopraggiungevano nel corso dell’indagine significative dichiarazioni di elementi della destra eversiva i quali avevano da tempo avviato un atteggiamento di collaborazione con gli inquirenti. Particolarmente rilevanti le dichiarazioni di Paolo BIANCHI e Angelo IZZO. Il BIANCHI, uno dei massimi esponenti di Ordine Nuovo, già il 15.5.1982, riferiva al P.M. di avere ricevuto dal CORSI, in occasione di una comune azione di autofinanziamento, la confidenza della sua partecipazione al delitto in questione: "Mario CORSI arrestato, prima dell’arresto mi aveva fatto capire che lui e gente del suo gruppo, i NAR, a Milano, avevano ucciso due ragazzi di sinistra, Fausto e Iaio … da quello che avevo capito erano certamente degli avversari politici che andavano eliminati. Avevo capito che gli autori del fatto erano partiti da Roma per Milano, trovando poi altre persone sul posto". Successivamente, l’11.1.1983, al G.I.: "… il Corsi non approvava ad esempio la scelta di commettere rapine e sequestri per motivi di autofinanziamento, mentre era più propenso a partecipare ad azioni di aggressione di natura esclusivamente politica. Fu in quell’occasione che mi disse di avere partecipato all’uccisione di Fausto e Iaio. Ricordo anche che, quando egli me ne parlò, io neppure ricordavo di chi si trattasse, e solo in seguito collegai le confidenze fattemi dal CORSI, che mi parlò dell’uccisione di due ragazzi che a Milano facevano attività politica, a Fausto e Iaio … Ricordo che il CORSI mi disse che a Milano c’era una parente dove si era rifugiato, anzi dove si era appoggiato". Sempre il BIANCHI, il 7.5.1989, precisando quanto confusamente detto in un precedente interrogatorio del 23.10.1985, riferiva al G.I. che nel discorso del CORSI vi era stato anche il riferimento ad una cabina telefonica ed al passaggio, durante la fuga, di polizia e carabinieri: "CORSI … mi disse che lui e il suo gruppo avevano ucciso due ragazzi a Milano, accennando a due ragazzi di natura genericamente di sinistra o che secondo loro dovevano essere di sinistra … CORSI mi accennò ad una cabina telefonica in relazione a quel fatto. Sforzandomi di ricordare tali frammenti di discorsi, questa cabina era connessa al fatto che in quella circostanza era passata una volante dei carabinieri o della polizia e loro se l’erano cavata per un pelo". Quanto ad Angelo IZZO, lo stesso riferiva di avere appreso da Valerio FIORAVANTI che lo stesso, unitamente al CORSI ed allo ZAPPAVIGNA, nel 1979 si era recato a Milano con l’intenzione di uccidere Andrea BELLINI, esponente del Circolo Leoncavallo, sospettato di aver partecipato all’uccisione di Sergio RAMELLI. Nella circostanza i tre avevano goduto di appoggi locali. Dopo alcuni appostamenti, nel corso dei quali il BELLINI non veniva rintracciato, il gruppetto aveva rinunciato all’azione. In tale occasione il CORSI 8sempre secondo la versione che l’IZZO dichiarava di avere appreso dal FIORAVANTI, e di cui poi a suo dire aveva avuto conferma dallo stesso CORSI) si sarebbe lamentato con il FIORAVANTI in quanto l’anno precedente non aveva potuto fruire degli appoggi logistici, arrivando al punto di appoggiarsi ad un bar di "camerati". In particolare, il 4..1988 IZZO dichiarava al G.I.: " era noto che questo duplice omicidio veniva attribuito alla destra romana ed in particolare agli ambienti del FUAN-NAR. Io ne parlai con Giusva FIORAVANTI, il quale lo riferiva senza dubbio al suo gruppo FUAN-………; intendo dire che mentre per l’omicidio SCIALABBA egli mi aveva raccontato particolari che non lasciavano dubbi che egli ne fosse stato l’esecutore materiale, invece per quanto riguarda Fausto e Iaio egli lasciò intendere che un omicidio riconducibile al suo gruppo pur senza dirmi che fosse stato lui a sparare… disse che faceva parte della sua storia ma che lo giudicava a posteriori una mossa politica sbagliata… Parlandone altre volte quello che veniva fuori in modo molto chiaro era che l’azione era stata mirata: come nell’omicidio dei fratelli SCIALABBA si voleva colpire un certo ambiente della sinistra romana, cosi per Fausto e Iaio si voleva colpire un certo ambiente della sinistra milanese. Giusva mi racconto poi di una sua venuta a Milano insieme con Mario CORSI che anche quest’ultimo mi ha poi puntualmente confermato negli stessi termini. Nel corso dell’anno1979 Giusva e Mario CORSI erano intenzionati a venire a Milano per giustiziare una persona che aveva avuto parte nell’omicidio RAMELLI. Le armi erano state portate da Guido ZAPPAVIGNA… egli appoggiò in un albergo milanese… le armi erano nascoste in una borsa ed erano munite di silenziatori artigianalmente costruiti dallo stesso Giusva… GIUSVA e CORSI presero contatti con una donna degli ambienti di destra che li ospitò a casa sua. Si tratta di una persona di una certa età la quale era conosciuta da Giusva ed ignota prima di allora al CORSI. I due presero poi i contatti con un uomo di circa quarant’anni il quale procurò loro un furgone rubato con targhe false tramite il quale fu possibile organizzare un appostamento al quale partecipò anche un giovane milanese camerata che conosceva la zona e la persona designata. Dopo due o tre appostamenti andati male Giusva si stancò e rimando la cosa, che non fu mai eseguita … Quando discussi di queste cose con Mario CORSI che me le confermò una per una, mi accorsi che tutti i contatti milanesi avvenuti nell’anno 1979 erano farina del sacco di FIORAVANTI Valerio, anzi egli si mostrava molto stupito del fatto che il suo camerata potesse vantare tali e tanti collegamenti. Questo non significa che il CORSI ignorasse Milano, perché avendo numerosi zii a Cremona, già prima di allora era venuto più volte a trovare i camerati di via Mancini … CORSI mi parlò ancora di Fausto e Iaio … il discorso partì in linea generale sull’analisi delle varie componenti del FUAN e in quel contesto CORSI affermò che in realtà la "Brigata Combattente Franco Anselmi" era una sigla che si identificava tout court nella "Banda Prati", come la chiamava lui, e di cui facevano parte lui, PEDRETTI, DI VITTORIO, ARONICA e MORSELLO Massimo. Al si là che io aggiunsi in tono ironico "va bè ma che ha fatto ‘sta Brigata Franco Anselmi?", lui rispose: "perché, Fausto e Iaio chi se li è fatti?". Questa confidenza mi fu fatta nel settembre-ottobre 1980 nelle sale di sicurezza del Tribunale … Durante la detenzione in carcere … CORSI mi disse, alla presenza di PEDRETTI e CIAVARDINI, che nel corso di una operazione precedente a quella del 1979, Giusva aveva loro promesso appoggi logistici a Milano; una promessa che poi non aveva mantenuto, tanto che loro in quell’occasione si erano dovuti appoggiare ad un bar di camerati … anche Roberto NISTRI attribuiva al Giusva e al 3Gruppo Prati" l’omicidio di Fausto e Iaio, valutando politicamente sbagliatissima l’intera operazione. Egli giudicava cose da pazzi che durante il sequestro MORO i camerati di Roma fossero andati a Milano ad esporsi in un simile modo". Tali dichiarazioni venivano confermate dall’IZZO il 14.3.1989: "Il periodo in cui CORSI mi parlò della sua esperienza milanese precedente al 1989 fu il maggio-giugno 1981, quando ero detenuto con lui nel braccio G8 del carcere di Rebibbia, quando ero in cella con lui, PEDRETTI e CIAVARDINI .. CORSI diceva che nell’occasione del 1978 FIORAVANTI Valerio non aveva messo a disposizione della banda Prati quegli appoggi logistici che aveva invece tirato fuori quando si era trattato di uccidere gli assassini di RAMELLI. Tengo a precisare che nel 1978 i gruppi Prati e Monteverde erano sulla stessa sintonia politica, la frattura cominciò a manifestarsi nel dicembre 1979". Il 19.9.1991 l’IZZO, oltre a confermare quanto già dichiarato, riferiva dei contatti che anche Massimo CARMINATI aveva con Milano ed in particolare con personaggi della malavita a loro volta collegati alla c.d. Banda della Magliana, nella quale il predetto era inserito. Valerio FIORAVANTI, sentito sulle circostanze riferite dall’IZZO, confermava il progetto, così come descritto dall’IZZO, di uccidere il BELLINI, rifiutandosi di fare i nomi dei complici e negando di aver mai saputo alcunchè del duplice omicidio in questione, che a suo dire veniva nei loro ambienti collegato ad uno dei tanti casi di rappresaglia locale legati all’antagonismo tra destra e sinistra. Importante sottolineare il contrasto tra le ultime dichiarazioni, e quelle, diffuse, di cui ora si dirà e provenienti dagli stessi ambienti del predetto. In particolare, vanno richiamate le dichiarazioni, per quanto generiche, rese da altri esponenti dell’eversione nera, ed in particolare da Cristiano FIORAVANTI, da Walter SORDI, da Stefano SODERINI, da Patrizio TROCHEI, da Sergio CALORE e da Paolo ALEANDRI, i quali hanno appunto richiamato al riguardo la responsabilità dei loro ambienti ed in particolare, oltre a quella del CORSI, quella di Massimo CARMINATI e di Claudio BRACCI. Così Cristiano FIORAVANTI al G.I. il 27.6.1990: "… l’episodio di Fausto e Iaio era attribuito con insistenza, nel nostro ambiente, al gruppo dei Prati … ed in particolare al CORSI ed al DI VITTORIO … mi risulta che CORSI andasse spesso da una zia a Milano o comunque da suoi parenti" Lo stesso, nel corso dell’interrogatorio del 21.6.1991, ribadiva quanto sopra, chiamando in causa anche il gruppo del quartiere Eur, ed in particolare Massimo CARMINATI e Claudio BRACCI: "… in un periodo sia precedente sia seguente la morte di Franco ANSELMI, Massimo CARMINATI e Claudio BRACCI … andavano con una certa regolarità a Milano … la morte di Franco ANSELMI provocò un grosso coinvolgimento fra noi perché gli eravamo tutti molto affezionati. Pensavamo di uccidere Danilo CENTOFANTI che era stato responsabile della morte di ANSELMI e avevamo già studiato il modo di agire; tuttavia CARMINATI e Claudio BRACCI, agendo da soli, prima dell’attuazione del nostro piano, lo resero in un certo senso impossibile perché misero una bomba all’Armeria CENTOFANTI, provocando l’allontanamento della famiglia dell’armiere…Per quanto concerne la responsabilità dell’omicidio di Fausto e Iaio a Milano … posso dire che nel nostro ambiente era dato per probabile che fosse un’azione della destra romana … si ipotizzava la responsabilità o di Mario CORSI o della coppia Massimo CARMINATI – Claudio BRACCI perché si trattava delle uniche persone che, a quanto ci risultava avessero dei contatti con Milano". Quanto alle dichiarazioni di Paolo ALENADRI, lo stesso 15.5.1982, dichiarava al P.M.: "Sull’episodio dell’uccisione di Fausto e Iaio posso dire che in tutti gli ambienti della destra romana si era sicuri del fatto che fosse opera della destra … non ricordo specificamente chi ne parlava nell’ambiente, ma era un fatto noto che fosse opera di romani che forse si erano avvalsi di qualche basista per l’individuazione degli obiettivi" Ancora, nello stesso senso, le dichiarazioni di Walter SORDI, il quale giungeva ad affermare di aver assistito in carcere ad uno scambio di battute tra il CORSI e il PEDRETTI da cui si poteva evincere una responsabilità del primo nel fatto in questione: In particolare, il 2.11.1982 al P.M.: "Nel gennaio 1980 sono stati per otto giorni in carcere con Mario CORSI E Dario PEDRETTI; gli stessi si scambiavano battute in relazione al duplice omicidio dei due ragazzi di Milano, come a dire che erano stati loro. Parlando con CAVALLINI ricordo che questi diceva che era certamente cosa attribuibile alla destra, escludeva Milano attribuendo il fatto a quello di Roma…" Ancora, il 10.1.1983 al G.I.: "…ribadisco…che nel gennaio dell’80 sentii fare delle allusioni a tale omicidio da CORSI Mario, Dario PEDRETTI e DI VITTORIO Marco. Ricordo che proprio in quel periodo mi parlarono delle comunicazioni giudiziarie ricevute in relazione all’uccisione di Fausto e Iaio; facevano dell’ironia su tale fatto lasciandomi intendere che ne sapessero qualcosa, o meglio che in qualche modo c’entrassero. Non mi fornirono indicazioni precise … però mi pare che tra loro si scambiassero frasi del tipo "ti hanno cioccato" ed altre analoghe…" Il 7.9.1991 il SORDI prospetterà poi, anche se con affermazioni del tutto generiche, una responsabilità anche del gruppo CARMINATI-BRACCI: "per il generale comportamento di tali personaggi non escluso che se un’episodio come quello di Fausto e Iaio è da attribuirsi alla destra, possano essere responsabili CARMINATI e BRACCI". Anche Stefano SODERINI dichiarava di sapere che il delitto in questione era riferito ai loro ambienti, confermando anche i contatti che il CORSI aveva con la destra milanese. Così, il 13.4.1988 al G.I.: "… questo duplice omicidio veniva riferito come opera posta in essere da quelli del quartiere Prati … a CORSI Mario e, con tutta probabilità anche a DI VITTORIO Marco … ho ragione di credere che i contatti milanesi siano stati tenuti da Brunello TORTORA … egli era sicuramente il tramite tra il gruppo del quartiere Prati e talune persone della destra milanese … Chicca DOSSOLA, fidanzata di TORTORA e, prima, ragazza di qualcuno del quartiere Prati, se non sbaglio proprio di DI VITTORIO Marco; Daniela MOLINARI e il suo fidanzato di allora di cui ricordo solo il nome, Mario, ed aveva la barba, e infine un certo Massimiliano…" Nello stesso senso le dichiarazioni di Patrizio TROCHEI al G.I.: "…Ho attivamente partecipato nell’anno 1977-78 al FUAN di Roma, cui appartenevano anche il CORSI e il DI VITTORIO. Direttamente e preventivamente non sapevo dell’omicidio avvenuto a Milano di Fausto e Iaio. Fin da allora, in ogni caso, circolavano voci che attribuivano il fatto al CORSI. Quantomeno io sapevo che il CORSI si era vantato in giro di avere partecipato a questa azione. Il CORSI non godeva di grossa stima da parte nostra, non aveva alcuna preparazione e interesse politico, era sostanzialmente un "gradasso" che approfittava della nostra sigla per giustificare l'esercizio di violenza... Sapevo che il CORSI aveva una zia a Milano; io personalmente non avevo alcun contatto con gli ambienti fascisti milanesi; i rapporti con Milano erano sostanzialmente tenuti dal PEDRETTI" Circa le responsabilità del gruppo facente capo a CAMINATI e BRACCI, ossia del gruppo FUAN-NAR della zona Eur, vanno richiamati, oltre alle riportate, sia pur generiche dichiarazioni di Cristiano FIORAVANTI e del SORDI, gli strettissimi legami dei due predetti con Franco Anselmi, nonché la partecipazione degli stessi ad un attentato dinamitardo compiuto il 18.5.1978 ai danni della stessa armeria dove aveva trovato la morte l’ANSELMI. Episodio questo che, come riferito dal FIORAVANTI, aveva preceduto il tentativo di un’azione ancora più grave contro Danilo CENTOFANTI, titolare di detta armeria. La concordanza di tutte le deposizioni riportate da diversi soggetti comunque accomunati dall’appartenenza ad una medesima area politica operante su uno stesso territorio, porta evidentemente a non attribuire eccessiva credibilità alle dichiarazioni di Valerio FIORAVANTI, confermate solo dalla sua compagna Francesca MAMBRO, nella parte in cui le stesse tendono appunto a scollegare il delitto in questione dai loro ambienti e persino dalla conoscenza che detti ambienti ne avessero avuto. D’altra parte non può non destare perplessità il fatto che il FIORAVANTI, dopo aver ammesso il progetto di eliminare Andrea BELLINI nel 1979, nel prendere le distanze dal delitto in questione affermi, unitamente alla MAMBRO, che dopo il 1977 vi era stato nei loro ambienti un mutamento di approccio, non più violento, nei confronti degli avversari politici, essendo divenuto il "Sistema" il vero nemico da combattere (così Valerio FIORAVANTI al G.I. in data 14.1.1983 e Francesca MAMBRO al P.M. in data 22.1.1999). Se ne può concludere, pertanto, con un certo grado di verosimiglianza, che i due predetti, pur nel loro generale atteggiamento di collaborazione con gli inquirenti, abbiano voluto prendere le distanze da tale episodio, considerandolo, come del resto riferito dall’IZZO, una "mossa politicamente sbagliatissima" del loro ambiente. D’altra parte non può non rilevarsi come, a conforto di tali piste d’indagine depongano altri elementi, di natura oggettiva, quali il tipo di arma usata, le modalità d’uso della stessa, l’abbigliamento degli esecutori materiali, tutti elementi, come si è detto, riferibili agli ambienti dell’eversione nera dell’epoca. A ciò si aggiungano, riassumendo quanto già esposto: le dichiarazioni dello SPOTTI circa la presenza del CORSI e di altri elementi romani a Milano negli stessi giorni del fatto; le dichiarazioni della zia del CORSI, BERTONI Lina, in ordine alla presenza Cremona del CORSI e di suoi amici proprio nella primavera di quell’anno; la rivendicazione del delitto da parte di sedicente gruppo legato a Franco ANSELMI, morto pochi giorni prima in occasione di una rapina e molto vicino sia al CORSI che al CARMINATI e al BRACCI; la provenienza dei proiettili con cui fu realizzato il delitto dallo stesso lotto di appartenenza dei proiettili rinvenuti nella disponibilità dello SPOTTI, il quale proprio dall’ANSELMI, a suo dire, avrebbe acquistato anche quei proiettili, oltre a una pistola. Non va neppure sottaciuta la circostanza che proprio nell’abitazione del CORSI vennero rinvenute fotografie dei due ragazzi uccisi e dei loro funerali, come pure il fatto che oltre alla recente morte dell’ANSELMI, all’azione mortale posta in essere tre anni prima ai danni di Sergio RAMELLI poteva agganciarsi la causale ultima del delitto in questione. La credibilità di tale pista non esclude, a parere di chi scrive, la serietà delle altre piste di indagine, sopra analizzate, concernenti elementi della destra eversiva locale. Del resto è evidente che solo attraverso appoggi logistici sul territorio, avrebbe potuto realizzarsi efficacemente un delitto di tale portata. Ma sui legami degli attuali indagati con esponenti dell’eversione nera milanese le indagini, pur accurate, non hanno prodotto, come si è visto, alcun utile risultato. D’altra parte le possibili ulteriori indagini prospettate sul punto dalla consulenza tecnico-documentale effettuata dal prof. Aldo GIANNULLI sul materiale presente negli archivi del DCPP e della GdF non consentirebbero, per pur parziale ammissione dello stesso consulente, di pervenire a risultati in questa sede utili. Ciò, quanto in particolare all’esame degli archivi del SISMI e del SISDE ed alle eventuali note in essi presenti, per l’accertata frequente inattendibilità, in sedi parallele, di fonti di tal tipo. Quanto invece alla prospettata consulenza su una pistola cal. 7,65 sequestrata ai NAR nell’ambito dell’indagine facente capo al defunto dr.Mario AMATO, va rilevato, al di là di ogni altra considerazione, come la perizia disposta nell’ambito dell’indagine che qui ci occupa abbia portato a concludere, come si è detto, che l’arma del delitto fosse una Beretta di vecchia fabbricazione e non una bifilare mod. 81, di recente fabbricazione, come ipotizzato in alcuni pezzi ed appunti riferibili al giornalista Mario BRUTTO, morto in un incidente stradale nel 1985. Pure infruttuose appaiono in prospettiva le indagini proposte dalla memoria, peraltro non configurante rituale opposizione, di recente presentata dall’Avv. MARIANI, difensore della famiglia TINELLI, dal momento che le stesse (confronto dei proiettili con cui furono uccisi i due ragazzi e il bossolo rinvenuto successivamente in via Mancinelli dal citato Mario BRYTTO; esame delle cartine topografiche rinvenute nell’abitazione dello SPOTTI; ulteriore audizione dell’IZZO; acquisizione di atti di altri procedimenti) evidentemente non consentirebbero, qualunque ne fosse l’esito, i superare gli esiti delle indagini finora svolte. d) La pista c.d. "di via Montenevoso" Un ultimo cenno va fatto alla pista, pure esaminata in detta consulenza tecnico-documentale, che ha ipotizzato un nesso tra il delitto in questione ed il delitto MORO. Come si è detto, il delitto in questione fu commesso il 18.3.1978, ossia due giorni dopo il sequestro dell’on. MORO. Inoltre una delle vittime, il TINELLI, abitava in via Montenevoso 9, nello stabile posto di fronte a quello, contrassegnato dal civico numero 8, in cui era ubicato il noto covo delle Brigate Rosse. Sulla base di questa coincidenza spazio-temporale si è voluto costruire, ad opera di taluni elementi della Commissione Stragi, ed in particolare dell’On.Luigi CIPRIANI, un possibile nesso tra il delitto in questione e il sequestro MORO. Ora, è evidente come non potrebbe reggere la versione in base alla quale TINELLI e IANNNUCCI sarebbero stati uccisi dalle stesse Brigate Rosse, magari per aver visto i due, o anche uno solo di essi, qualcosa di compromettente legato al suddetto covo. La rivendicazione del delitto in questione da parte di più forze, tutte della destra eversiva, e le stesse dichiarazioni di esponenti di tali forze nel senso dell’appartenenza di tale delitto alla loro area, finisce per minare alla base la logicità di tale possibile spiegazione. Non si comprenderebbe, infatti, perché gruppi dell’estrema destra avrebbero dovuto accollarsi un delitto di appartenenza ad opposta area terroristico-eversiva. Ed in effetti nella versione più accreditata di tale possibile nesso tra i due delitti, come del resto propugnata dallo stesso On. CIPRIANI, il delitto in questione sarebbe stato voluto ed eseguito in termini di "avvertimento" alle Brigate Rosse, e ciò ad opera di forze, i servizi segreti che, scoperta la base terroristica, avrebbero voluto mandare ai terroristi un "segnale". D’altra parte è stato accertato che nello stesso stabile in cui aveva sede il covo terroristico in questione, era stata presente, ma in epoca antecedente, la sede di una società commerciale fittizia, la "Nuova Kelsea" di Alberto DUGNANI, la quale nel 1975 finiva al centro di una complessa indagine che vedeva il DUGNANI legato al noto contrabbandiere Ettore CICCHELLERO, nome presente nel famoso libro bianco sull’eroina curato, come si è detto, da Andrea Bellini e da altri esponenti del Centro Sociale Leoncavallo. Anche tali possibili nessi, peraltro non sorretti da alcun elemento, sia pur solo indiziario, degno di essere preso in considerazione in questa sede, non spiegherebbero comunque le operate ed illustrate rivendicazioni formali e sostanziali del delitto in questione.

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Conclusioni. Pur in presenza dei significativi elementi indiziari sopra illustrati a carico della destra eversiva ed in particolare degli attuali indagati, appare evidente allo stato la non superabilità in giudizio del limite appunto indiziario di detti elementi, e ciò per la natura "de relato" delle pur rilevanti dichiarazioni sopra riportate. P.Q.M. Visto l’art. 409/1 c.p.p. DISPONE L’archiviazione del procedimento in questione DISPONE La trasmissione degli atti al P.M. procedente dr. Stefano Dambruoso Manda alla Cancelleria per quanto di competenza.

Milano 6.12.2000

Il Giudice Dr. Clementina Forleo

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